Mi si muove un pochino un alluce!!! Un movimento quasi impercettibile, che la semplice pressione del cuscino riesce a fermare, ma il segnale n°1 di ripresa dallo shock spinale si è manifestato! La forza sviluppata è talmente poca che basta appoggiare il piede ad un cuscino per impedire al dito di muoversi, ma comunque vederlo muoversi mi da grande soddisfazione. In aggiunta all’alluce destro, si contrae più decisamente anche l’adduttore destro e si vede un accenno di quello sinistro. Da seduto riesco a far muovere il ginocchio destro di alcuni millimetri. Il tutto è abbastanza emozionante nonostante non mi faccia minimamente sperare che tornerò a camminare. Sono però ancora iscritto ad una gara di 90 km di corsa dietro casa mia, il Trail del Motty. Non ho pretese di guarire, ma nel dubbio rimango iscritto.
che girano sulle spine dorsali
o al suono di cavigliere del Kathakali.
Qualche giorno fa ho scritto una cosa sbagliata su un mio post di Facebook. Ho fatto un post nazionalpopolare da indignados-su-facebook™️ sul fatto che il comune di Livigno abbia organizzato anche quest’anno una gara di sci di fondo di un km tra le vie del paese. A parte l’ineleganza dei post da indignados, il mio errore è derivato da un processo logico che purtroppo io uso tantissimo e sul quale vi devo mettere in guardia. Ho scritto che la neve era stata “fabbricata” con degli speciali cannoni da neve che funzionano sopra lo zero termico, che ho visto in opera ad Agosto al passo dello Stelvio. Vengono usati per innevare le piste per lo sci estivo, poiché non c’è più neve neanche sul ghiacciaio e sciare sul ghiaccio nero di migliaia di anni non piace ai clienti.

In realtà la neve dell’evento è quella che viene conservata dall’inverno precedente sotto i teli geotessili, e che viene usata in autunno per la pista da fondo. Probabilmente è stata “sparata” perché di neve lo scorso inverno non ne è scesa molta, ma non da cannoni simili a quelli a cui pensavo io. In sostanza ho scritto una minchiata e ho fatto polemica su quella. Me ne sono accorto e ho subito fatto ammenda sui social suscitando dimostrazioni d’affetto inaspettate: decine di amici si sono spesi in complimenti per la mia “onestà intellettuale” facendomi capire di aver fatto una cosa abbastanza inusuale. Se sul lavoro, dove vengo pagato per fare cose giuste, non provo imbarazzo a dire “ho sbagliato, scusa”, non vedo perché dovrei provarne sui social.
Rimango però convinto che Livigno, come la maggior parte dei grossi centri ricettivi per il turismo alpino in Italia, si un posto resosi abominevole per compiacere un certo tipo di turismo che non è abituato ad a dare in montagna. Senza nessuna offesa agli amici che so frequentare quel territorio con piacere, ma sapendo bene che non sono dei montanari, anzi. Non conoscendo l’ambiente poco antropizzato, il turista vuole ritrovare le sensazioni di casa o di uno spazio commerciale collocate in mezzo a degli scorci “naturali”. È comprensibile, ma secondo me è deleterio per il territorio che cede a questo modello di sviluppo: non possiamo più pensare di ampliare la capacità ricettiva dei territori meno antropizzati, antropizzandoli di più. Dovremmo imparare a riconoscere l’errore dello sviluppo sfrenato senza farne una colpa a nessuno e semplicemente cambiare modello di business.

Circa un mese fa ho fatto con Francesca le famose “prove della bilancia”, dove dimostravamo che un piccolo movimento era misurabile nelle mie gambe nonostante non si vedesse nulla. Il dubbio che fosse un artefatto era forte, così ho progettato un sistema “meno falsabile” con una bilancia per gamba e un supporto stabile sul quale fissare il tutto. Il supporto l’ha costruito l’Alberto, e Peter (mio suocero) ha contribuito a permettermi di assemblare il tutto.
Abbiamo provato in palestra le nuove bilance, e dopo una quarantina di minuti mi sono accertato che il movimento che avevamo rilevato io e Francesca era, in realtà, probabilmente, un artefatto: se spingo con due gambe, le bilance non sembrano rilevare nulla di significante. Io adesso peso circa 65 kg, significa che uno sforzo “antigravitario” dovrebbe essere di quell’ordine di grandezza. Il mio sistema rileva invece delle forze di alcune decine di grammi, mille volte meno del necessario. Sul momento, scoprire che le centinaia di grammi che misuravamo un mese fa erano in realtà non legati al polpaccio ma probabilmente ad un movimento sopralesionale trasferito al piede, mi ha intristito. Tuttavia un po’ me l’aspettavo: sono ancora in shock spinale, l’incidente è stato veramente brutto e la vertebra era veramente messa male.
Dieci minuti dopo stavo piangendo sul lettino della palestra, ma per un altro motivo: nelle prove di equilibrio da seduto avevo appena iniziato a stare in equilibrio. I muscoli bassi del tronco si erano riattivati improvvisamente. O forse era successo qualcos’altro, alla fine sono abituato a sbagliare.
Ho avuto l’opportunità di parlare con un neurochirurgo del team che mi ha operato per convincerlo a lasciarmi togliere ogni tanto il bustino che in teoria mi tiene su la schiena. Non è che in realtà il corsetto mi tenga su qualcosa, perché da quando l’ho iniziato a mettere ho perso un po’ di muscolatura sul petto e ora mi balla addosso. Per convincermi a non toglierlo e ad aspettare una nuova TAC di controllo, mi ha mostrato una sezione tomografica di quella intra-operatoria ed era spaventosa: la vertebra scoppiata totalmente fuori asse e ridotta in pezzetti. Se voleva impressionarmi non c’è riuscito: ero totalmente consapevole del disastro che ho combinato esattamente come sono felicissimo delle immagini di come è stato riparato e di come si è aggiustato. Non fosse per viti e barre luccicanti, le immagini della schiena non sarebbero state peggiori di quelle di una persona normale.

Il periodo standard in cui si tiene il corsetto è di tre mesi. Sia che tu sia sano, che malato, che forte, che debole. La prescrizione viene fatta, ma chi la fa non controlla se è messo bene o male, se è largo o sta effettivamente facendo qualcosa. Credo sia solo per tutela da possibili cause legali. La correttezza delle proprie indicazioni medico-sanitarie, in caso di incidente, deve essere certificata da scartoffie o esami di dubbia utilità. Questo approccio si chiama medicina difensiva, ed è un grosso problema: nel mio caso, l’inaccettabilità di una scelta sbagliata da parte di un medico, rende nel suo piccolo il mio processo di guarigione più lento e disagiante.
Essendo dimagrito parecchio, il busto ormai mi balla sul tronco pur essendo stretto al massimo, l’unico movimento dannoso che previene sarebbe una flessione esagerata del tronco che mi stresserebbe i mezzi di sintesi (modo figo per dire viti e paletti) e la vertebra operata. Tuttavia ha alcuni difetti: mi impedisce di muovermi da solo bene le gambe quando faccio i trasferimenti sulla carrozzina, mi sega il pube e non mi fa allenare il tronco. Tante cose le comincerei quindi ad allenare solo dopo i tre mesi, e questa cosa non mi va. Farò di tutto per toglierlo prima ufficialmente. Tra questo tutto c’è l’indossarlo già da ora solo nei movimenti difficili tipo il passare dal letto alla carrozzina o viceversa in modo da farmi trovare robusto ad un eventuale controllo.
La medicina difensiva, quella del corsetto per tre mesi sia che tu abbia il fisico di un Barbapapà che di Brad Pitt in Fight Club, è un valido esempio di processo deduttivo: dal concetto universale (nessuno si spacca le viti se tiene un corsetto per tre mesi) al particolare (Giovanni tiene il corsetto per tre mesi perché per non spaccarsi tutti devono indossare il bustino). Tuttavia la scienza si basa più spesso sui processi di intuizione e abduzione, che su quello di deduzione. Secondo il matematico e filosofo Charles Sanders Peierce é infatti l’abduzione ad aver determinato il maggior numero di progressi nel pensiero scientifico. Questo metodo di interpretazione della realtà viene usato fin dai tempi di Aristotele, e capirlo è particolarmente utile per capire come si è evoluto il nostro pensiero. Consiste in formulare un’ipotesi dal caso all’universale. Un pensiero in cui la premessa maggiore è verificata mentre la premessa minore non lo è, per cui la conclusione non è verificata ma solo probabile. In altre parole si tratta della formulazione di un’ipotesi partendo da un risultato parziale e da una sola regola. Permette un’evoluzione creativa del pensiero, anche se prona ad errori.
Un esempio è la mia prova della bilancia: è certo che una pressione esercitata sulla bilancia proviene dal mio piede, non era certo che fosse il mio polpaccio ad esercitare la pressione su mia attivazione, noi supponemmo che ci fosse attivazione muscolare nelle mie gambe. Alla prova dei fatti però, con una verifica potemmo smentire l’ipotesi. Dopo Peierce, fu il filosofo Karl Popper a definire come scientifico solo il pensiero che è poi falsificabile. L’errore e la creatività sono quindi alla base della scienza.

Continuiamo a formulare ipotesi sul mondo che ci circonda e a prendere decisioni in funzione di quelle. Ma la realtà spesso ci porta a riconoscere l’errore e a dover riformulare. Il problema è che spesso continuiamo a non riformulare. Continuiamo a sostenere una nostra ipotesi nonostante le critiche e le osservazioni, o alla smentita derivante dalla prova dei fatti. Il rifiuto al ripensamento avviene per orgoglio o per pigrizia mentale. Si entra quindi nel pensiero magico. Ostinati negazionismi vengono perpetrati per decenni per incapacità di accettare l’errore di un pensiero nato per essere smentibile, e infatti poi smentito.

Dal pensiero scientifico (quindi smentibile) derivano proposte di soluzioni ai problemi del nostro tempo, verificabili solamente dalla proiezione nel futuro (che sia reale o modellizzato).
In un periodo di totale necessità di proposte e di cervelli pensanti, nel timore più totale dell’obnubilamento del pensiero, vedo troppo spesso i cervelli impegnati a smentire e distruggere piuttosto che a costruire sulle proposte. Imparare ad accettare la possibilità di sbagliare o fallire, invece, aiuta a perdere la paura nel proporre o nell’accettare una proposta
Preferirei di immaginare mancare gli obiettivi della transizione per un fallimento delle proposte, piuttosto che in questo ingorgo trentennale di conflitti concettuali e di interesse.
In questo blog leggete i miei pensieri, magari azzardati, forse sbagliati. Non ho paura di dirvi che vorrei venire smentito venendo sommerso da una discarica di pannelli solari, batterie, pale eoliche e rifiuti nucleari piuttosto che far annegare i nostri ecosistemi nell’anidride carbonica. Preferirei che la riduzione organizzata dei consumi occidentali creasse una recessione, piuttosto che aspettare che il collasso ecologico spazzi via la nostra economia.
Bisogna riempire gli orecchi, gli occhi di tutti noi di cose che siano all’inizio di un grande sogno. Qualcuno deve gridare che costruiremo le piramidi, non importa se poi non le costruiremo. Bisogna alimentare il desiderio, dobbiamo tirare l’anima da tutte le parti come se fosse un lenzuolo dilatabile all’infinito. Se volete che il mondo vada avanti, dobbiamo tenerci per mano. Ci dobbiamo mescolare, i cosiddetti “sani” e i cosiddetti “ammalati”. Ehi, voi sani, che cosa significa la vostra salute? Tutti gli occhi dell’umanità stanno guardando il burrone dove stiamo tutti precipitando.
Andrej Tarkovskij. Nostalghia
Perdonatemi, ma sono fatto così: sono abituato ad infatuarmi continuamente, a sbagliare e a pagarne le conseguenze.
Perdonatemi il post filosofico/epistemiologico che fa il paio ad “apri la finestra” ma il prossimo sarà sulle batterie e quindi volevo mettere avanti le mani su possibili cag*ture di ca**o. Spero vi sia piaciuto, comunque. Fatemi sapere!
Rispondi